Ricordiamo bene il clima degli esordi e le circostanze che ci indussero ad andare a Milano per prendere i primi contatti con l'Associazione Italiana Malattia di Alzheimer, AIMA, con l'intento di realizzare, anche nella nostra regione, un punto di riferimento per coloro che stavano vivendo il dramma della malattia e per gli operatori che, nei diversi contesti assistenziali, iniziavano a confrontarsi con questo problema.
Sempre più spesso i familiari disperati si rivolgevano ai servizi sanitari e sociali per un carico assistenziale che non riuscivano più a sopportare, per un impegno fisico che poteva protrarsi per giorni e notti insonni, in assenza di risposte da parte delle istituzioni.
I malati con disturbi comportamentali, infatti, non venivano accolti nelle strutture socio-assistenziali perché "disturbanti" e anche i servizi sanitari si trovavano impreparati a gestire queste situazioni.
La stessa preparazione dei medici, anche se specialisti, era carente.
Era un fenomeno letteralmente nuovo, solo marginalmente affrontato durante il corso di laurea, e sul quale anche i testi di neurologia più autorevoli erano stati fino ad allora scarsi.